Lolita - Vladimir Nabokov


Lolita


Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.
«Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita».

Trama:
Humbert Humbert è un professore di letteratura francese ossessionato dalle ragazzine tra i nove e i tredici anni, quelle che lui chiama “ninfette”. Conosce Lolita durante  un soggiorno a Ramsdale nella Nuova Inghilterra, a casa di Charlotte Haze. Lolita è la figlia di Charlotte, una ragazzina ribelle, scorbutica, mutevole, e ingenuamente maliziosa che diventa l’oggetto principale della passione di Humbert tanto da portarlo a far vorticare la sua vita unicamente intorno a lei, a discapito della morale, della ragione, della legge…

La mia opinione:
Ho deciso di leggere questo libro dopo averlo sentito lodare moltissime volte. Terminata la lettura posso dire che le lodi erano totalmente meritate.
Ciò che più di ogni altro aspetto mi rimane di questo romanzo è la sensazione malinconica di qualcosa di rotto e irrecuperabile. L’ingenuità di Lolita, gli errori commessi, i desideri che hanno accecato Humbert, l’amore consumato e trito, ormai irreversibile.
Da dove arriva questa sensazione? Dalle parole scelte da Nabokov, la delicatezza dei termini. Leggendolo ho “gustato il lessico”, le parole scelte. E pensare che Nabokov lo ha addirittura scritto in inglese, una lingua che non era la sua lingua madre, ovvero il russo.
Questa delicatezza dello stile, scelta per trattare un tema forte come quello della pedofilia, fa si che non si scada mai nella volgarità o nell'oscenità. Nabokov non descrive la crudezza di un rapporto, ma le pulsioni di un anuma: Humbert, combattuto tra ciò che è lecito e la sua natura distorta.

"Io ti amavo. Ero un mostro pentapodo, ma ti amavo. Ero ignobile e brutale e turpido e tutto quello che vuoi, mais je t’aimais, je t’aimais! E c’erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l’inferno, piccola mia. Bambina Lolita, coraggiosa Dolly Schiller".

Il libro è strutturato come una sua confessione dal carcere, quando tutto è stato ormai compiuto, e quando Lolita sarà per sempre un ricordo di un dolore.
Humbert comprende il male che ha fatto alla bambina, e nello stesso tempo soffre per l’amore lacerante e sbagliato che sente di provare per lei, tanto che perfino all'ultimo incontro le chiede di ritornare al suo fianco. Ma Lolita è ormai libera, accanto ad un uomo che non ama, ma che non conosce il suo passato e attraverso il quale può fuggire dalle sue ferite. E da lui, quell'uomo che ha presentato soltanto come il suo “patrigno” non vuole altro che soldi, anche se non potranno ricucire i fantasmi che si trascina dietro.
L’immagine che resta dei due personaggi è di una ragazzina sfortunata, che è riuscita a salvarsi da sola, aggrappandosi soltanto a se stessa, e che porta addosso il dolore della vita trascorsa.
E un Humbert per sempre costretto alla sofferenza, che comprende le sue ossessioni malate ma non riesce a sfuggirne, che vorrebbe con tutta l’anima avere Lolita al suo fianco, la sua presenza, il suo amore, ma è destinato soltanto a soffrire due volte: per non poterla avere, per non poterla dimenticare.
La pubblicazione di questo romanzo è stata interessata da numerose vicissitudini per via del tema trattato, nonostante appunto non vi siano descrizioni esplicite o termini osceni. Fu pubblicato per la prima volta a Parigi dalla Olympia Press, un'importante casa editrice di letteratura erotica nel 1955. L’edizione che ho io è quella della casa editrice Adelphi che nel 1993  pubblicò una nuova versione di Lolita nell'ambito del progetto di ritraduzione di tutte le opere di Nabokov.
Per finire voglio  trascrivere qui una frase davvero bella dell’autore sulla sua opera:

"Ci sono anime miti che giudicherebbero Lolita insignificante perché non insegna loro nulla. Io non sono né un lettore né uno scrittore di narrativa didattica e Lolita non si porta dietro nessuna morale. Per me un’opera di narrativa esiste solo se mi procura quella che chiamerò francamente voluttà estetica, cioè il senso di essere in contatto, in qualche modo, in qualche luogo, con altri stati dell’essere dove l’arte (curiosità, tenerezza, bontà, estasi) è la norma"


-Iris-


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